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DEAL OF THE DAY

La mia piccola cucina

Illustrations by Soledad.
Translation by Marzano G.
Milano, 2009; paperback, pp. 359, ill., cm 21,5x26,5.

cover price: € 29.90

La mia piccola cucina

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Books included in the offer:

La mia piccola cucina

Illustrations by Soledad.
Translation by Marzano G.
Milano, 2009; paperback, pp. 359, ill., cm 21,5x26,5.

FREE (cover price: € 29.90)

La mia piccola cucina

Torte in fiore. Raffinate creazioni floreali in pasta di zucchero

Translation by Destro P. and Tosi L.
Milano, 2014; clothbound, pp. 224, ill., cm 25x29.
(Gli Illustrati).

FREE (cover price: € 35.00)

Torte in fiore. Raffinate creazioni floreali in pasta di zucchero

Orticola di Lombardia. 150 anni di associazione, 20 anni di mostra

Edited by Pizzoni F.
Milano, 2016; bound, pp. 279, ill., cm 24,5x24,5.

FREE (cover price: € 35.00)

Orticola di Lombardia. 150 anni di associazione, 20 anni di mostra

Arturo Martini. I capolavori

Treviso, Museo “luigi Bailo”, March 31 - July 30, 2023.
Edited by Stringa Nico and Fabrizio Malachin.
Cornuda, 2023; paperback, pp. 278, col. ill., cm 23x29.

FREE (cover price: € 33.00)

Arturo Martini. I capolavori

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Out & about

Damiani

Edited by Aaron R.
Italian and English Text.
Bologna, 2005; paperback, pp. 248, b/w and col. ill., cm 24x31,5.
(Alleged Press).

series: Alleged Press

ISBN: 88-89431-13-X - EAN13: 9788889431139

Subject: Collections,Photography

Period: 1960- Contemporary Period

Languages:  english, italian text   english, italian text  

Weight: 1.93 kg


Capita a volte che per guardare avanti si debba guardare indietro. Inizio con queste parole perché il presente testo non solo funge da introduzione a un volume che raccoglie oltre quindici anni di lavoro del fotografo Ari Marcopoulos, ma anche perché è il primo di questa nuova stimolante collana della Alleged Press di cui sarò il curatore. L'idea di base è di puntare i riflettori su un gruppo di artisti e fotografi che ritengo abbiano avuto un impatto notevole sulla cultura underground mentre rafforzavano la loro posizione all'interno della tendenza prevalente della coscienza creativa. La collana ha un taglio storico ma si sforza di offrire un punto di vista del tutto moderno sulle opere e sulla vita degli artisti che prenderà in considerazione. La mia sensazione è che stiamo vivendo un periodo eccitante: il ventesimo secolo è finito, ma il nuovo millennio non ha ancora in realtà trovato voce per esprimersi e in questa fase «di mezzo» ci troviamo a dover elaborare il lascito degli ultimi cento anni e al tempo stesso ci viene chiesto di guardare avanti e sognare cosa succederà nel prossimo secolo. Lo stesso vale per questo particolare volume. Mentre in sostanza ci volgiamo indietro, alla storia di uno specifico fotografo a New York alla fine del ventesimo secolo, al tempo stesso questo libro ci spinge in avanti, in un mondo nuovo di creazione e documentazione e, anche solo per questi motivi, va visto come un'occasione stimolante su diversi versanti.
Sotto molti aspetti ci è sembrato giusto dare il via alla collana con un libro di fotografie di Ari Marcopoulos, che come artista è sempre riuscito, quasi senza sforzo, a collegare passato, presente e futuro nel corpo coeso delle sue opere, evitando totalmente la trappola così comune di un semplice ritrovarsi «indietro nel tempo» oppure di presentare «quello che farà tendenza». Numerosi fotografi hanno fatto tesoro, con successo, dell'uno o dell'altro di questi generi particolari, ma raramente se ne trova uno il cui metodo risulti così sciolto e senza tempo da trascendere le mode passeggere, gli stili e i periodi, creando così un insieme di opere valide oggi proprio come lo erano quando cominciò a scattare.
Incontrai Ari Marcopoulos nel 1993, quando gestivo una piccola galleria nella Lower East Side di New York e ci presentò un comune amico, l'artista Dave Aron, che Ari aveva conosciuto per strada: in quel periodo aveva appena iniziato una serie di ritratti di un gruppetto di ragazzi di New York che andavano in skate-board, di cui Dave faceva parte e un giorno quest'ultimo lo portò alla galleria. In un primo momento non riuscivo a capirlo: il nostro ambiente, all'epoca, era giovanissimo, in media sui 22-25 anni e Ari ne aveva almeno dieci di più, era sposato, aveva un figlio e, a essere completamente sincero, personalmente lo trovavo un po' noioso. Tuttavia, dopo aver passato con lui un po' di tempo, mi resi conto che, anche se era effettivamente un outsider nel nostro mondo, ci capiva davvero. Era (ed è tuttora) una specie di adolescente troppo cresciuto e all'epoca la sua pungente ironia, la sua vena sarcastica e il suo senso dell'umorismo un po' macabro andavano benissimo per il nostro gruppo. Ari si vestiva addirittura come un adolescente! Devo ammettere che quando lo incontrai sapevo pochissimo dell'arte della fotografia. Alcuni miei amici facevano foto, ma mi sentivo decisamente un profano quando ci si trovava a proporre qualunque valutazione critica del mezzo. Un giorno Ari portò con sé una copia del suo primo libro, Portraits from the Studio and the Street, e ricordo che in prima battuta rimasi perplesso: era un piccolo volume rilegato, pieno di foto in bianco e nero di molte star del mondo artistico anni Ottanta e altri abitanti della strada. Fotografie di artisti come Jean Michel Basquiat, Keith Haring e Brice Marden erano mescolate a istantanee di senzatetto e di bande giovanili in posa a Times Square davanti a fondali di Gucci fatti in casa. Ovviamente pensai che le foto erano interessanti ma che comunque quella vecchia New York appariva così distante dalla nostra esistenza di allora. Ari ci fece anche vedere alcuni film che aveva girato nel corso degli anni e me ne rimase impresso uno in particolare, Larry Wright. Girato in un 16mm ben sgranato, documentava un giorno nella vita di Wright, giovane percussionista afroamericano che suonava nelle stazioni della metropolitana il suo strumento fatto di pentole, padelle e portabottiglie. Questi suoi lavori mi avevano molto colpito e tutti eravamo curiosi di saperne di più, così Ari ci raccontò di quando si era trasferito dall'Olanda a New York negli anni Ottanta, di quando per lavoro stampava le foto di Andy Warhol, di come aveva incontrato la moglie Jennifer Goode e aveva messo su famiglia nell'East Village. Ci parlò delle foto fatte in passato e del suo rapporto con Jean Michel Basquiat: erano amici e Ari ricordava con noi l'arte di Basquiat e di quando si trovavano assieme e a volte tracciava dei paralleli tra quello e il nostro piccolo mondo. Io stesso e gli altri artisti che bazzicavano i nostri ritrovi, dopo aver visto queste foto, diventammo veri fan di Basquiat e, dato che avevo visto la sua immagine tramite Ari, ho sempre pensato che per qualche verso fosse anche amico mio - e probabilmente molti di noi la pensavano come me. Alla fine quelle foto si incisero profondamente nella mia psiche e quella fu probabilmente la prima volta che riflettei sulla storia e sul modo in cui si rapportava alla nostra vita all'epoca. Eravamo solo una banda di skater e di ragazzini disadattati; non avevamo diplomi di scuole d'arte da sfruttare e sotto molti aspetti Ari divenne per noi una specie di insegnante - paradossalmente, dato che egli stesso aveva abbandonato la scuola superiore. Ci fece vedere come si poteva vivere una vita creativa fino in fondo, in tutti i campi della vita e i suoi documenti fotografici furono un meraviglioso esempio di cosa si poteva trarre da quel tipo di esistenza.
Verso la metà degli anni Novanta, Ari fece una piccola mostra nella mia galleria insieme con altri due fotografi molto più giovani, Tobin Yelland e Joshua Wildman, entrambi legati al mondo degli skater. La mostra, intitolata «The Happiest People in the World», era un fantastico guazzabuglio di foto, che coprivano letteralmente le pareti. Preparare la mostra fu divertente, con gruppetti di skater della zona che ciondolavano lì attorno, bevendo 40 [bottiglie da 40 once di liquore di malto, piuttosto forte. NdT] e bighellonando fino alle ore piccole. Il tutto aveva l'aria di una festa. Ari presentava un certo numero di ritratti di alcuni di questi ragazzi e mi ricordo che li guardai e a un tratto capii cosa intendeva dire quando parlava delle similitudini tra la linea d'origine della nostra generazione e quella delle persone ritratte nel suo primo libro. Allora Ari non andava in skate-board ma era sempre al seguito sulla sua bici per tenersi al passo con gli skater: a tutte le ore della notte, se ne andava in giro per la zona sud di Manhattan, lungo le Brooklyn Banks sotto il ponte di Brooklyn e attraverso il quartiere finanziario del centro per seguire queste bande di skater nelle loro corse. Mi meravigliava sempre il modo in cui questi gruppi di ragazzini, quasi tutti davvero tosti e a volte con grossi problemi, lo accettassero senza problemi nel loro mondo. C'era qualcosa nella sua personalità che diceva «Ehi, amico, è forte!» e penso che tutti se ne accorgessero. Le foto scattate in quel periodo restano tra le più importanti del mondo degli skater di New York negli anni Novanta: quasi tutte in bianco e nero ritraevano skater professionisti come Quim Cardona, Jeff Pang, Chris Pastras e Julien Stranger, e non solo reggevano egregiamente il confronto con il lavoro di alcuni dei migliori fotografi storico-documentaristi, ma ebbero anche un impatto notevole sull'aspetto esteriore del mondo dello skate-board. Alcune di esse furono poi usate per la pubblicità di prodotti per skater nelle riviste e stabilirono un parametro di come l'ambiente degli skater di New York si presentava al mondo esterno in quel periodo. Nel 1995, «Transworld Skateboarding», una delle riviste per skater più famose del mondo pubblicò un servizio sul lavoro di Ari, in cui il fotografo sovrapponeva le foto di Basquiat alle foto del mondo degli skater di New York e per certi versi aprì la strada alle opere raccolte in questo libro. Molti degli skater ritratti nelle foto furono poi inseriti nel cast di Kids, il film di Larry Clark, e Ari restò sul set durante e dopo le riprese per il grosso lancio pubblicitario che coinvolse il progetto. In realtà Larry e Ari riprendevano tutti e due grosso modo lo stesso gruppo di ragazzini nello stesso momento ma i risultati erano diversissimi: le foto di Clark erano ritratti luminosi e colorati imbevuti di una sottile sensualità, mentre quelle di Ari erano sempre poetiche e dure. Pensate ad Ari come Charles Bukowski contro Clark come Jean Genet. Non per sminuire le immagini che Clark scattava al tempo, è solo che le foto di Ari sembravano per qualche verso più vicine alla fonte, forse meno voyeuristiche di quelle di Clark. Nacque un'amicizia particolarmente intensa con Justin Pierce, che interpretava il personaggio di Casper nel film, e per un certo periodo di tempo furono complici. Penso che Justin avesse trovato in Ari un mentore e un amico e che le immagini che avevano creato assieme (tutte le foto di Ari sono in realtà il risultato della collaborazione tra fotografo e soggetto) siano tra le foto più commoventi mai scattate a Justin, che morì nel 2001, provocando un vero choc in tutto l'ambiente, ma grazie al bel rapporto che Ari era riuscito a costruire con lui, le foto che ne restano esprimono tutta la vitalità di cui potremmo sentire il bisogno e aiutano a lenire il dolore di chi lo ha conosciuto.
I rapporti di collaborazione come quello con Justin non sono inconsueti per Ari, che ha un fantastico sesto senso nei confronti della gente e sceglie con cura i soggetti che fotografa; lo attirano la creatività, il carisma e lo spirito da outsider, qualità queste che pervadono ogni sua opera. Che si tratti del ritratto di una persona o di un malinconico paesaggio urbano, ogni sua immagine nasce da un'ossessione, è inquadrata con precisione ed esala una seducente oscurità poetica.
Quello che Ari faceva fotograficamente delle star dell'arte e della musica degli anni Ottanta è la stessa cosa che negli anni Novanta faceva nel nostro piccolo mondo artistico non integrato - e prosegue tuttora. Cerca sempre lo stile, la sostanza, lo spirito nei luoghi che la maggior parte della gente evita di guardare; è Out and About, sempre in piedi, a esplorare il mondo in cerca di soggetti e situazioni da cui tutti possiamo apprendere. Certo, le foto di questo volume ritraggono un periodo e un luogo di New York ormai finiti da tempo. All'inizio del 2000 Ari e la sua famiglia si sono trasferiti nel nord della California e sotto molti aspetti questo trasferimento si può leggere come una metafora dei cambiamenti avvenuti di recente a New York. Le strade non sono più piene di quello spirito selvaggio e incontenibile di una volta; l'East Village è stato ripulito e anche lo spirito da outsider è svanito. Ma grazie alle foto di Ari Marcopoulos qualche traccia di quei giorni perdura, non solo sulle pagine di questo libro, ma nel cuore e nella mente di chiunque si sia emozionato davanti alle sue fotografie. Sinceramente vorrei che questo libro servisse non solo come una documentazione di quest'epoca ormai passata, ma anche come una esperienza di apprendimento per tutti coloro che lo guarderanno, proprio come Ari è stato un vero maestro per me.

Aaron Rose

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