Velàzquez e il ritratto
Il Sole 24 Ore Libri
Milano, 2007; paperback, pp. 312, col. ill., col. plates, cm 23x28,5.
(I grandi maestri dell'arte. L'artista e il suo tempo. 11).
series: I grandi maestri dell'arte. L'artista e il suo tempo
Subject: Monographs (Painting and Drawing)
Period: 1400-1800 (XV-XVIII) Renaissance
Languages:
Weight: 1.66 kg
"Principe Enrico: Dio mi sia testimonio, sono estremamente stanco. Poins: Siamo a questo? Credevo che la stanchezza non avrebbe osato attaccare uno di così alta nascita. Principe Enrico: S'è davvero attaccata a me, sia pure che riconoscerlo scolori il volto della mia grandezza." (Shakespeare, Enrico IV. Parte II, atto secondo, scena seconda). In questo brano di Shakespeare lo stile sublime e quello realistico si mescolano: la pittura conquisterà questa libertà un poco più tardi, ma più radicalmente, con Caravaggio. Ma è solo con i ritratti di Velazquez che vediamo davvero il volto dei principi scolorarsi per la stanchezza, pur rimanendo volti di grandi. All'inizio del Seicento, la rivoluzione di Caravaggio abbatte la separazione e la gerarchia dei generi, ma non è in Italia che essa produce i suoi massimi risultati: è con Velazquez e con Rembrandt che la verità della pittura attinge vette insuperabili. E questo accade soprattutto nei loro ritratti. Quelli di Velazquez riescono a conciliare un'obiettività da pittura di natura morta con un'inesorabile capacità di inchiodare alla tela l'anima delle persone. In Italia esiti simili - ancorché lontani da quel sommo livello di qualità - si rintracciano in artisti che, più o meno mediatamente, provengono dalla sequela di Caravaggio (Marcantonio Bassetti, Simon Vouet o Salvator Rosa), o che fioriscono, anche cent'anni più tardi, da quella stessa tradizione lombarda di pittura della realtà della quale lo stesso Caravaggio era figlio (Carlo Ceresa o Fra Galgario). Anche nel cuore stesso del più sfarzoso, esteriore e mendace ritratto barocco, si insinua come una lama la verità del ritratto come lo intendeva Velazquez. Qualche segno lo si riesce a cogliere perfino in Van Dyck, da cui volti talora traspare - non so quanto intenzionalmente - un'amarissima nota di melanconia. Ma è in Bernini che si colgono le più impressionanti assonanze. Nei suoi quadri, dipinti senza committente e per se stesso, l'artista ufficiale della Roma papale si rivela un delicato, attento e commovente ritrattista della condizione umana: con una verità, un'immediatezza e uno stile che sanno dialogare alla pari con quelli di Velazquez.