Clio. Dialogo della storia con l'anima pagana
Péguy Charles
Edizioni Milella
Edited by Antonelli Q. and Prontera A.
Lecce, 1994; paperback, pp. 222, cm 17x24,5.
(Centro Péguy. 3).
series: Centro Péguy
ISBN: 88-7048-256-1 - EAN13: 9788870482560
Subject: Essays (Art or Architecture),Historical Essays
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Weight: 1.07 kg
I tre volumi rappresentano in effetti una delle più organiche meditazioni (paragonabile, per stile e per lucidità, solo a quella di Nietzsche) sul problema del tempo e della storia. Nella linea infatti di un problema, riproposto e reimpostato magistralmente dal maestro Bergson, Péguy affronta, in Questioni di metodo, in un clima generale di positivismo al potere, tante questioni che emergono dalla pratica e dalla teoria della ricerca storica, dal problema del senso del tempo a quello del valore dato alla temporalità come condizione ontologica che definisce la precarietà della condizione umana.
Sulla base di queste e di tante altre precisazioni di metodo, in Clio Péguy dà la parola alla storia percepita e presentata nella sua storicità concreta di vecchia borbottona nata in quel popolo meraviglioso che, malgrado i suoi indegni dei, seppero essere i Greci. Ma Clio é ormai costretta, dai giovincelli professorini moderni, a rinnegare molto di se stessa ed a sacrificare spesso se stessa sull'altare del preteso metodo scientifico moderno, quello che si propone di esaurire l'infinità della complessa realtà attraverso un intelligente gioco di schede, quello insomma che, preso alla lettera, la lascia e la costringe a morire fra le schede ed i documenti. Ridotta non solo a non finire mai, ma a non cominciare neanche, una qualsiasi storia che abbia un senso ed una portata.
Una storia cui é stato tolto, impedito e vietato di mettersi nel fatto e di situarsi nell'evento per coglierne il senso, la direzione ed il significato costretta a passare sempre "accanto al monumento , "rasente il monumento" ma mai
dentro né con, come sapevano fare i veri geni della storia, i grandi memorialisti ed i grandi cronisti.
Una storia insomma, che, nel rivendicare orgogliosamente la propria origine e la propria purezza, si rivolge ancora a quel ragazzotto ribelle e fedele che é Péguy per offrirci una delle più belle analisi dei luoghi nei quali il tempo e la temporalità, assunti in tutto il loro peso, operano in profondità: la lettura, il genio, il bambino, il giudizio della storia e dei posteri, sono così quasi i capitoli di una meditazione nella quale il mito della modernità, tronfia di se stessa, spaventosamente sterile e sterilizzante, viene messo a nudo, nel recupero di una temporalità non lineare ma organica, nella quale la vita riceve tutta l'attenzione che ad essa si deve e l'invecchiamento diventa il luogo e l'epifania di un'usura, di una entropia, che investe non solo, come in Bergson, la percezione individuale e coscienziale del tempo e della durata, ma la struttura, il tessuto stesso, fisiologico e spirituale, di una razza, di un popolo, di una civiltà e di una cultura.
Si delinea così una filosofia della storia, nella quale il presente ritorna a scottare, perché in esso bolle la creazione, la libertà si nutre e trova spazio, la speranza continua ad operare una rivoluzione senza fine, malgrado tutte le smentite storiche, ove insomma l'evento ed il nuovo e l'infanzia, riacquistano il senso di un germogliare, di un venire al mondo di cui bisogna ritrovare il gusto.
Konrad. Per quanto un'oca allunghi il collo non diventerà mai un cigno