Olivieri. «Visibile segreto»
Silvia Pegoraro
Casa del Mantegna
Mantova, Casa del Mantegna, September 2 - October 20, 2002.
Italian and English Text.
Mantova, 2002; paperback, pp. 135, b/w and col. ill., col. plates, cm 23x28.
ISBN: 88-7943-032-7 - EAN13: 9788879430326
Subject: Essays (Art or Architecture),Monographs (Painting and Drawing)
Period: 1800-1960 (XIX-XX) Modern Period,1960- Contemporary Period
Places: No Place
Languages:
Weight: 0.7 kg
In un'epoca, come la nostra, di totale visibilità, Olivieri pare assegnarsi il compito di alludere a un invisibile che consente la creazione delle immagini: "Pittura è ciò che si fa sguardo, vedere senza origine. E' attraverso la pittura che l'invisibile permea il visto della propria promessa" scrive l'artista.
E' una pittura "pura", quella di Olivieri, animata da un'intensa dinamica percettiva e insieme metaforica che mostra l'esperienza di un'"estasi quotidiana", frutto di un'instancabile ricerca: l'artista riesce a imprigionare qualcosa di trascendente con strumenti terreni - le mani, gli occhi - per portarla sulla superficie dell'opera, riuscendo ad accenderla di una bellezza senza oggetto : l 'estetica della luce di Claudio Olivieri può quindi aiutarci a portare nuova linfa a un discorso sull'idea di "bellezza".
La formazione artistica di Claudio Olivieri si avvia nell'ambito delle ricerche informali della seconda metà degli anni Cinquanta. E' influenzato particolarmente dalle alchimie materiche e gestuali di Fautrier, dal criptico dramma visivo di Mafai, dallo spazio senza gerarchie di Giacometti, dalla luce "tattile" di Rothko, dall'ironia tragica di Reinhardt. Sullo sfondo, la fede di Balla in un colore-luce capace di fondare la sostanza dell'immagine
Nei primi dipinti, quelli tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, Olivieri lavora già le superfici, strutturandole in stratificazioni complesse, materiche, accese però da un dinamismo cromatico e luministico del tutto particolare. La potente tensione vitalistica di queste prime opere pare infatti già allontanarsi dalla radice dell'Informale, dall'oscuro magma esistenziale che generalmente è portato a tradursi, nei lavori degli artisti "informali", in una tavolozza fosca, sorda, tenebrosa . Qui tutto tende subito a "schiarirsi", letteralmente, a intridersi di luce: la materia aspira a farsi luce, a sprigionare energia luminosa. Il colore che si fa luce raggiunge un'intensità espressiva prima affidata dall'Informale alla pastosità inquieta e infera della materia.
Le opere degli anni Settanta esemplificano bene la purezza dei mezzi raggiunta nella ricerca di una pittura "assoluta", che si pone sulle tracce di quella di Newman, Reinhardt, Frank Stella, e prima ancora Malevic, benché risolva in modo completamente diverso i problemi della spazialità, del colore e della luce. Queste opere trovano in se stesse le proprie leggi e i propri contenuti, presentano una progressiva stratificazione delle stesure cromatiche, che nasce dall'inseguimento del colore nelle sue molteplici vibrazioni e nelle sue ombre, producendo una vera e propria trasformazione del colore stesso.
Negli anni Ottanta la pittura lascia trasparire la compresenza di tempi differenti sulla superficie della tela. La fluidità della materia pittorica e il lirismo dei colori verdi-blu-viola chiama in causa una nuova idea di sensualità della pittura e una nuova rilevanza del concetto di bellezza.
Nel periodo che inizia negli anni Novanta del Novecento, e prosegue fino ad oggi, si fanno strada un'estrema trasparenza e luminosità, che si sostituiscono alle stratificazioni cromatiche che avevano generato ombre scure sulle tele.
"Spazio e cose mi appaiono in un unico fiotto, come una sola pulsazione", scriveva Olivieri negli anni Sessanta, esprimendo bene la totalità inarticolata, priva di gerarchie, indescrivibile secondo la dialettica parte-tutto, che si manifesta pienamente nel suo lavoro più recente, insieme a un'inedita energia luminosa. Ne emerge anche una concezione del tempo sacrale e quasi "metafisica". Ma è un grande fisico inglese, Julian Barbour , a citare il lavoro di Olivieri nel suo libro The End of Time, nel 1999, affermando che la sua pittura "evoca un senso di atemporalità" , di unicità e attimalità di quello che l'artista, in un suo testo poetico, definisce "L'assolutamente unico ma imprevedibile presente".