Warhol e la pop art
Il Sole 24 Ore Libri
Milano, 2008; paperback, pp. 312, col. ill., 40 col. plates, cm 23x28,5.
(I grandi maestri dell'arte. L'artista e il suo tempo. 21).
series: I grandi maestri dell'arte. L'artista e il suo tempo
Subject: Monographs (Painting and Drawing)
Period: 1800-1960 (XIX-XX) Modern Period
Languages:
Weight: 1.66 kg
Tra le correnti artistiche del secondo Novecento, la pop art è forss quella che sfugge maggiormente a ogni tentativo di definizione circoscritta. La sua graduale affermazione avviene nella seconde metà degli anni Cinquanta come risultante di una concezione modernista dell'arte, intrecciata a livelli produttivi della società, cone l'architettura, il cinema, la moda, l'industriai design. I primi a capitalizzare questo universo di simboli dalla nuova modernità industriale furono gli inglesi dell'lndependent Group, sostenuti dal critico Lawrence Alloway, che a metà anni Cinquanta con un approccio dichiaratamente interdisciplinare iniziarono a porre in relazione il livello alto della storia dell'arte con quello basso della cultura popolare. In America questa metabolizzatone avviene più lentamente e il primo utilizzo di simboli della cultura vernacolare di cinema, fumetti e pubblicità, appare per la prima volta solo nel primo scorcio degli anni Sessanta, con la comparsa delle prime opere pop di Andy Warhol, Roy Lichtenstein, James Rosenquist, Robert Indiana, Claes Oldenburg. Nonostante la pop art si presenti come un movimento acefalo e privo di una reale codifica estetica, la figura di Andy Warhol è certamente la più paradigmatica per comprenderne la portata e te tante implicazioni sociali del fenomeno. Incline all'arte commerciale sin dai suoi esordi di grafico per le riviste di moda e i fashion stores newyorkesi. Warhol diviene presto il prototipo dell'artista- manager, per nulla imbarazzato dall'ambivalenza fra dimensione creativa e la svariate attività dalla sua "Factory Enterprise". Semplicità grafica, serialità delle immagini ed una sapiente iconografia ripresa dalle immagini più stereotipe della cultura americana, diventeranno presto gli elementi costitutivi di un lessico internazionale declinato di volta in volta in termini più concettuali (John Wesley), in formule caustiche (Mario Schifano), in sofisticati divertissement grafici (Armando Testa, Patrick Caulfield).