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Sironi. Gli Anni del Primato Italiano tra Futurismo e Metafisica

Belriguardo

Edited by Rossi Guzzetti A.
Coordinamento di Anna Rossi Guzzetti.
Ferrara, 2002; bound, pp. 320, b/w ill., col. plates, cm 23,5x30.

ISBN: 88-85308-35-X - EAN13: 9788885308350

Subject: Essays (Art or Architecture),Monographs (Painting and Drawing)

Period: 1800-1960 (XIX-XX) Modern Period

Places: No Place

Extra: Futurism and Avant-Gardes

Languages:  italian text  

Weight: 1.68 kg


Nato nel 1885, Mario Sironi è una delle figure più originali della pittura italiana ed europea del Novecento. Trascorsa la prima giovinezza a Roma, nel 1903 abbandona gli studi di ingegneria per dedicarsi completamente alla pittura. Frequenta l'Accademia di Belle Arti di Roma, iscrivendosi alla Scuola di Nudo, e stringe amicizia con Giacomo Balla, Umberto Boccioni e Gino Severini.
Nel 1905 si trasferisce a Milano per continuare il suo percorso artistico e, nel 1908, compie un viaggio con Boccioni a Parigi e in Germania.

Tornato in Italia, nel 1914 partecipa al movimento Futurista. Le opere di quegli anni denotano già l'originale impostazione della sua pittura, che esprime una tragicità sconosciuta fino ad allora alla pittura del Novecento, quella del dramma dell'uomo contemporaneo: un dramma fatto di tristi solitudini e atmosfere cupe, di città deserte con l'aria desolata delle periferie, una riflessione amara e angosciata sul tema della nuova civiltà urbana e industriale delle officine e delle macchine (Il camion, 1914, Paesaggio urbano, 1921).

Dal 1915 al 1918 collabora a "Gli Avvenimenti" e dal 1922 al "Popolo d'Italia" e alla "Rivista Illustrata del Popolo d'Italia". Nel 1915 è si arruola volontario nel battaglione lombardo ciclisti e automobilisti, insieme a Boccioni, Sant'Elia, Marinetti, Russolo, Carlo Erba e Funi. Alla fine della guerra rientra a Milano e si sposa.
Passato attraverso una breve esperienza metafisica, nel primo dopoguerra è uno dei più convinti sostenitori del partito fascista e della tradizione italiana, attraverso un linguaggio arcaizzante caratterizzato dalla riduzione geometrica delle forme e dalla vigorosa costruzione plastica.

Il ritorno all'antico propugnato in pittura viene proposto da Sironi anche tramite il recupero di tecniche classiche, come l'affresco, il mosaico, il bassorilievo monumentale e tra i suoi soggetti preferiti figurano il nudo, il paesaggio alpestre e il ritratto.

Nel 1920 firma con Dudreville, Funi e Russolo il manifesto "Contro tutti i ritorni in pittura" che contiene alcune delle tesi che saranno poi fondamentali per la costituzione del gruppo "Novecento", fondato nel 1922, col quale Sironi partecipa nel 1924 alla XIV Esposizione Internazionale d'arte di Venezia, presentandovi due opere, L'allieva e L'architetto, che sono diventate delle vere e proprie icone della poetica novecentista.
Successivamente Sironi partecipa anche alle Biennali del 1928, del 1930 e del 1932; in questi anni inizia a interessarsi anche di scenografia e di architettura; organizza la mostra del decennale della rivoluzione fascista (1932, Roma) e della V Triennale di Milano (1933), in occasione della quale dà vita ad una delle manifestazioni più alte della plastica italiana in un ciclo di affreschi dove figurano composizioni di De Chirico e Severini, ed egli stesso realizza, oltre a bassorilievi in terracotta di notevole valore, una delle sue più importanti pitture murali celebrative sul tema del lavoro.

Con la collaborazione di architetti dell'ala razionalista, diviene uno dei maggiori protagonisti del tentativo di formulare un'estetica del regime fascista, animato da un principio di volontà e ordine rispecchiante il suo orientamento psicologico e la sua ideologia politica.

Nel dicembre 1933 Sironi pubblica il "Manifesto della pittura murale" e nel 1935 esegue l'affresco L'Italia fra le arti e le scienze destinato all'Aula Magna della Nuova Università di Roma, ideata da Piacentini (1935).
Opera anche come progettista di padiglioni industriali (quello Fiat per la Fiera di Milano) e come scenografo teatrale.

Nel 1943 ritorna alla pittura da cavalletto, che assume toni sempre più cupi e drammatici. Dalla fine degli anni Quaranta rare, ma importanti, sono le sue mostre personali. Muore a Milano il 13 agosto 1961. L'anno seguente, nel 1962, viene allestita un'ampia e rigorosa retrospettiva a Venezia, alla XXXI Biennale

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design e realizzazione: Vincent Wolterbeek / analisi e programmazione: Rocco Barisci