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Riflessi di bioarchitettura

Alinea Editrice

Firenze, 2007; paperback, pp. 344, cm 14,5x20.
(Bioarchitettura. 4).

series: Bioarchitettura

ISBN: 88-6055-111-0 - EAN13: 9788860551115

Subject: Architects and their Practices,Design,Essays (Art or Architecture)

Period: 1960- Contemporary Period

Places: No Place

Languages:  italian text  

Weight: 0.66 kg


Il costruire a misura d'uomo è una delle ritrovate sfide che oggi attendono la progettazione e la realizzazione, ma prima ancora il pensare stesso dello sviluppo urbanistico. A ben vedere negli ultimi decenni l'evoluzione del tessuto urbano è stato contraddistinto, almeno in Italia, da due fattori diversi e di segno opposto, con risultati che possono oggi considerarsi in termini decisamente critici. Il primo fattore negativo, è quello della progressiva emarginazione fino alla dimenticanza di paradigmi di organizzazione dello spazio e di costruzione del nuovo, che in Italia si erano venuti elaborando e stratificando nel tempo, attraverso i secoli, in una armonica sintesi tra natura e cultura: la natura aveva suggestionato la progettazione dell'habitat e la cultura aveva modellato l'opera trasformatrice ed edificatrice dell'uomo in una sorta di simbiosi con l'ambiente, con risultati di grande umanizzazione ed al tempo stesso di decisa tipizzazione di certi contesti, uno diverso dall'altro, ognuno con la propria forte identità. Si pensi soltanto all'inserimento degli insediamenti abitativi nella campagna senese, nelle valli alpine o nel tormentato svilupparsi delle nostre coste meridionali. In architettura, l'Italia ha alle spalle un passato plurisecolare e prestigioso, grazie al quale godiamo ancora di ampio credito in Europa per la nostra sensibilità estetica, benché da lungo tempo si siano perduti quei raffinati paradigmi di un tempo, sicché il prestigio della nostra architettura è in molti casi solo il riflesso, lungo a morire, di una realtà che non c'è più. L'altro fattore della accennata criticità di approdi dell'esperienza in materia è dato dal dato positivo - ma non di segno positivo - per cui, negli ultimi decenni, lo sviluppo delle nostre città ha seguito quasi esclusivamente logiche utilitaristiche. Il depredamento del territorio e lo sfiguramento del paesaggio da un lato, il moltiplicarsi di una edilizia non attenta alla dimensione della vivibilità umana, sono il risultato noto di una speculazione animata solo dall'interesse economico.
Si tratta di un fenomeno che ha consumato, in maniera quasi sempre irreparabile, un patrimonio variegato quanto a contenuti: naturalistico ed ambientale, estetico, sociale, umano, relazionale. A questi fattori oggi si può aggiungere, pericolosamente, un terzo: il progresso tecnologico. Dinanzi a questo quadro, che certo non è solo italiano ma che in Italia appare particolarmente grave, preoccupante e singolarmente stridente con la sua lunghe e nobili tradizioni culturali, occorre acquisire una consapevolezza della necessità di invertire un trend che dura ormai da troppo tempo. Il problema è innanzitutto quello di arrestare lo scempio della natura, di salvaguardare il paesaggio, di tornare ad una esteticità di stilemi e ad una gradevolezza di contesto nell'edificazione civile e pubblica, tale da rispondere ad intuibili esigenze di elevazione spirituale, culturale e sociale della popolazione. Il problema è anche quello di una maggiore sensibilità alle inderogabili esigenze poste dall'ecologia:nel contesto territoriale, nell'aria e nelle acque, nei materiali da costruzione, nello sfruttamento delle risorse energetiche naturali e rinnovabili. Di qui dunque l'esigenza di pensare una architettura per la sostenibilità, che non può essere solo frutto di impegno tecnico ma deve essere il risultato di un convergere di saperi e di esperienze. In altre parole, è necessario che i professionisti del settore, i progettisti in particolare,acquisiscano più alti livelli di consapevolezza dei problemi accennati e si aprano a forme imprescindibili di collaborazione interdisciplinare. Organizzare lo spazio, gestire le risorse, ottimizzare le energie, scegliere i materiali, prestare attenzione alle necessità dell'individuo non preso singolarmente ma nella rete di relazioni sociali in cui è inserito e che sono necessarie alla qualità della sua vita: tutto questo postula un impegno che prima ancora di essere concreto e praticamente fattivo, formi una sensibilità ed una cultura. Dunque il compito di rendere più vivibili gli ambienti urbani, così come l'architettura più attenta ai veri bisogni della società, impone che i percorsi formativi dei professionisti del costruire per l'uomo siano integrati da competenze nuove e forti, quali quelle in materia di sociologia urbana, di bioetica e di biogiuridica. A ben vedere, infatti, queste discipline, di nuova o nuovissima generazione, permettono di riportare l'etica della vita al centro dell'architettura, facendo in definitiva riscoprire a questa le ragioni più profonde della sua vocazione. In tale prospettiva pertanto è da auspicare un impegno di ricerca innanzitutto, ma poi una congrua ricaduta nel campo della formazione. Paradossalmente, ma a ben vedere non tanto, si potrebbe concludere dicendo che quanto più una società è tecnologicamente avanzata, tanto più si richiede in essa un supplemento di saperi umanistici.

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