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Gene. Signa artis

Editoriale Giorgio Mondadori

Edited by Puntelli G.
Milano, 2020; bound, pp. 127, col. ill., cm 23x30.

ISBN: 88-374-1897-3 - EAN13: 9788837418977

Subject: Essays (Art or Architecture),Monographs (Painting and Drawing),Painting

Period: 1960- Contemporary Period

Languages:  italian text  

Weight: 0.77 kg


«La natura viva non è mai stili life Serve ancora dipingere oggi? Certo che serve! Serve per un motivo che all'occhio anche distratto può apparire evidente e immediato. Si può infatti rappresentare un paesaggio con fotografie accurate e precise, eppure l'immagine che ne proviene restituisce una percezione troppo precisa, così esatta da allontanarsi dalla natura stessa. L'occhio non basta; la natura comunica con sensazioni ben più complesse, con la temperatura dell'aria, con l'umidità che assorbe o libera, con la percezione sommata d'una serie complessa di sensi stimolati. La natura non può essere quindi rappresentata ma solamente evocata; e lo è col movimento dell'aria, con gli effluvi dei profumi, con la temperatura, con il senso vitale delle stagioni. La natura viva non è mai stili life, cioè natura silente o come si dice in italiano "natura morta". Ecco la sfida che affronta in modo innovativo assai Gene Pompa in arte Gene. E lo fa con una intuizione inattesa: la natura per lui è anzitutto pulsione poetica. Essere nati ad Alessandria d'Egitto era una volta una fortuna ben particolare in quanto quel mondo offriva sin dalla culla una rara combinazione di influssi. Si era inconsapevolmente internazionali, ci si declinava allora ancora fra magie arabe, citazioni colte francesi, avventure britanniche e profumi d'Italia. Ed è forse per questo motivo genetico che Gene è tuttora amante della luce come gli impressionisti, delicato come i pomeriggi britannici, attento alle tessiture che lo portano a stendere sulle sue tele trame spesse, palpabili come le annodature dei tappeti d'Oriente. La luce trasversale dei suoi paesaggi toscani richiama quella dei nabis di Francia quanto quella della stagione macchiaiola. E di tutto il bagaglio raccolto fa un'esperienza sommata, plasmata dove appare talvolta l'assonanza con quel Carlo Mattioli, suo confinante delle colline emiliane, anch'esso affascinato dalla forma delle colline e dalla muta presenza degli alberi che ne segnano il ritmo. Il dipingere la natura può apparire oggi un'esercitazione di puro stile, una ricerca formale. L'anacronismo di questa pratica è invece una fortunata opportunità per chi desidera superare l'astrazione senza dovere necessariamente declinare un'obsoleta figurazione. Dipingere la natura è una scelta determinata di poetica pura. È una pulsione romantica. Ed è al romanticismo diventato simbolista, a questa corrente profonda del sentimento vissuto, che si deve la potente rivoluzione delle sensibilità che stimolò l'evolversi dei sentimenti e dei comportamenti nel secolo diciannovesimo...»(Philippe Daverio)

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