Suggestioni dantesche. Esposizione di artisti contemporanei italiani a Villa de Claricini Dornpacher
Editoriale Giorgio Mondadori
Milano, 2021; paperback, pp. 167, ill., cm 29,5x30.
ISBN: 88-374-1938-4
- EAN13: 9788837419387
Subject: Collections,Essays (Art or Architecture),Graphic Arts (Prints, Drawings, Engravings, Miniatures)
Period: 1960- Contemporary Period
Languages:
Weight: 0.97 kg
«Questa l'essenza dell'itinerario dantesco intrapreso nel 1300 (pare dall'8 al 15 aprile), anno in cui venne riesumato dal dimenticatoio e riportato in auge uno strumento musicale ormai sgualcito: lo Jobel, corno di montone usato nella tradizione ebraica veterotestamentaria per annunciare l'anno del Signore, il Giubileo. Sappiamo dell'identificazione nella Bibbia, ma potremmo dire nelle culture tutte del periodo storico precristiano, della divinità con la luce. Si pensi, per citare un esempio probante, alla città egizia di Eliopoli ove si prestava venerazione a Ra, il dio del sole, della luce appunto, mentre, per quanto concerne il cristianesimo, il riferimento obbligato è alla Teologia della luce. A teorizzarla il cardinale francescano Bonaventura da Bagnoregio e prima ancora Roberto Grossatesta, teologo inglese, principale rappresentante della cosiddetta Metafisica della luce, ove cercava di proporre una sintesi del pensiero neoplatonico con la dottrina aristotelica. Mutuando dalla psicologia un termine assai ricorrente, potremmo parlare di alter ego della luce ovvero un altro sé, una seconda dimensione in competizione con la prima e diametralmente opposta ad essa. Ci si riferisce qui alla tenebra che troviamo nei primi versi dell'Inferno ove si parla di selva oscura, luogo simbolico, allegoria dello smarrimento morale da cui l'essere umano nella sua fragilità può essere irretito. Tagliente come nebbia impietosa, la tenebra attanaglia il pellegrino fiorentino per nascita non per costumi, nel dedalo affannoso dell'immensa voragine cristallizzata nei diversi cerchi. Ma ben presto nel cieco mondo d'ogne luce muto, nero tabernacolo strapieno di presenze conturbanti, grazie anche alla congiuntura benevola dell'ora del tempo (il mattino) e della dolce stagione (la primavera) si concretizza dinanzi ai suoi occhi una non illusoria speranza costituita da un colle illuminato dal sole in cui si restaura una rinnovata udibilità della voce prorompente della luce. Nel precipizio abissale, consolato e diretto da Virgilio, suo duca, non viene meno la forza attrattiva dell'alto Sol, dell'alto lume, per cui ai due poeti è consentito di vedere l'accesso alla montagna che avviene al sorgere del sole mentre l'arrivo al Paradiso terrestre si concretizza al momento dello splendere della luce. Ma il regno pieno della luce è il Paradiso ove Dante troverà un'altra guida, quella di Beatrice, che a differenza di Virgilio, emblema mirabile della ragione, è allegoria della Grazia, per cui è in grado di accompagnarlo per lo ciel di lume in lume attraverso la materia eterea dei cieli riflettenti la luce solare. Nell'Empireo poi il lume, il Sol dei beati, Dio, apparirà come stella, punto acuminato di luce. Da ultimo, vibranti di pura luce sono le anime (milizia santa) assise in quella sorta di anfiteatro denominato Candida rosa, anime immortalate nel canto XXXI della terza cantica. La luce che equivale a beatitudine divina, al dire dell'ultima guida di Dante, Bernardo di Chiaravalle, diviene maggiormente intensa al centro della rosa ove risiede la Vergine Maria attorniata dai beati più insigni, ovvero Francesco d'Assisi, Agostino di Ippona e Benedetto da Norcia. Nell'immobile tripudio della luce che precedentemente risultava abbagliante al limite della cecità, ma che ora dona al pellegrino maggiore potenza visiva, sicché è in grado di sostenere anche la luce più intensa, risuonano gli immortali versi della preghiera di Bernardo alla Vergine, espressi con un linguaggio non più umano, ma copiato dall'al di là. La forma che De Sanctis definiva "corpulenta e materiale nell'Inferno, pittorica e fantastica nel Purgatorio", nel Paradiso è lirica e musicale: immediata parvenza dello spirito, assoluta luce senza contenuto...» (Dall'Introduzione di Leo Strozzieri)