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Giorgio Griffa. La divina proporzione

Guastalla Arte Moderna e Contemporanea

Milano, STUDIO GUASTALLA, October 26, 2010 - January 29, 2011.
Italian and English Text.
Milano, 2010; paperback, pp. 80, b/w and col. ill., tavv., cm 24,5x30.

Subject: Graphic Arts (Prints, Drawings, Engravings, Miniatures),Monographs (Painting and Drawing)

Period: 1960- Contemporary Period

Languages:  english, italian text   english, italian text  

Weight: 0.48 kg


Con questa mostra Studio Guastalla Arte Moderna e Contemporanea presenta l'ultimo ciclo di opere di Giorgio Griffa, in cui l'artista si interroga sul tema del rapporto tra arte e scienza; dell'ignoto e del mistero e del modo di sondarli senza togliere loro quel velo senza il quale si dissolverebbero; del ponte che lega la sapienza antica alla nostra condizione odierna. Di questi argomenti Giorgio Griffa discute in un appassionante dialogo con il filosofo Giulio Giorello, pubblicato in catalogo.
La divina proporzione, o rapporto aureo, formalizzata matematicamente da Euclide ma conosciuta già empiricamente dagli assiro-babilonesi, dagli antichi egizi, dai greci dell'epoca classica, è quel calcolo secondo cui dividendo un segmento in due parti, l'intero sta al maggiore come il maggiore sta al minore. Generazioni di artisti, tra cui Piero della Francesca, hanno affidato a questa proporzione la ricerca dell'equilibrio e dell'armonia nelle loro immagini.
Il valore esatto di questa "divina proporzione" è un numero infinito, che i matematici definiscono "irrazionale", 1,618033988749894848204586834365638117720309179805762862135448622705260462818.......
Un numero che diventa un modo per conoscere l'infinito, lasciandone intatto il mistero, perché "1 non diventerà mai 2.
1,6 non diventerà mai 1,7. E 1,61 non diverrà mai 1,62.
Il numero non avanza nello spazio neppure di un millimetro.
Se pongo come metro la misura di 1, la misura dei millimetri è 1,618, che non sarà mai 1,619.
Appunto non procede.
Si avvita nell'ignoto".
Un numero che ricorre in tutte le tele di questo nuovo ciclo, con il suo carico di indeterminazione, di incompiutezza, di apertura all'infinito, con la sua quota di ignoto non svelabile, un numero che procede da 2300 anni senza mai fermarsi, e che ci lega con un filo continuo al nostro passato remoto.
La pittura di Griffa nasce, come racconta l'artista, quando abbandona le figure, divenute ormai superflue, sovrapposizioni della pittura stessa ed ad essa estranee, senza però aderire all'astrattismo o all'informale. Piuttosto, nei dipinti di Griffa è la pittura stessa e la sua memoria millenaria a condurre la mano del pittore in un rapporto paritetico in cui non è l'artista a dominare ma diventa strumento del divenire, anziché imitatore della Creazione.
"E mi sento, seppur eretico, figurativo, astratto e informale, tutto insieme. Figurativo perché sono figure i segni che si inseguono sulla tela narrando il loro divenire, e perché la rappresentazione della natura persiste per metafora, il ritmo, la commistione di tempo e spazio, la intelligenza della materia che si confronta con quella dell'uomo, le società di segni disegnate sulla tela, eguali eppur diversi l'uno dall'altro in analogia del mondo organico e inorganico, uomini o cavalli, foglie o cristalli." In queste nuove tele Griffa segue con la sua mano il percorso infinito del numero aureo, cui l'umanità sembra aver affidato una "memoria profonda dell'ignoto, dell'infinito, dell'indicibile". Un numero che rappresenta questa memoria millenaria.
"Un passo più in là del far di conto, così come la pittura è un passo più in là del disegno di una mela".

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