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La donazione Volpi Ottolini per la Fondazione Pietro Accorsi. (include I Piffetti)

Silvana Editoriale

Torino, FONDAZIONE ACCORSI, March 3 - May 3, 2009.
Cinisello Balsamo, 2009; paperback, pp. 32, col. ill., col. plates, cm 17x24.

Subject: Collections,Design,Wood (Frames, Carving, Furniture, Tarsia)

Period: 1400-1800 (XV-XVIII) Renaissance

Languages:  italian text  

Weight: 0.1 kg


Nel Salone delle tappezzerie cinesi dello splendido Museo di Arti Decorative della Fondazione Pietro Accorsi di Torino saranno esposti a partire dal 3 marzo 2009 due inediti e straordinari mobili di Pietro Piffetti (1701-1777), uno dei maggiori ebanisti europei del Settecento.

I due mobili, di suntuosa e singolare tipologia, non hanno riscontro preciso con quanto fino ad oggi noto del sommo ebanista piemontese.

Si tratta infatti di sottili ed alti armadi completamente ricoperti da un fitto e ricchissimo apparato decorativo intarsiato in avorio e tartaruga la cui decodificazione ha permesso di ipotizzarne in modo molto plausibile anche l'uso.

Sulle quattro antine dei due stipi sono delineati in quattro medaglioni figure di putti alati intenti alle varie fasi della lavorazione dell'avorio: dalla riduzione delle zanne in segmenti più piccoli alle varie tipologie di tornitura. Al di sopra dei due medaglioni sono sospesi quattro sorte di "trofei" con compassi ed altri strumenti dell'arte della tornitura.

I lati lunghi ospitano quattro straordinari trionfi di oggetti d'avorio lavorati a traforo con tecnica virtuosistica: sono coppe, poliedri, urnette, tutte appoggiate su di un capitello ionico. Sopra agli oggetti sono sospesi a dei nastri altri strumenti da tornitore. Completa la decorazione un ricco e delicato ramage di rose e di elementi vegetali.

Arabella Cifani e Franco Monetti, rispettivamente Direttore e Consigliere della Fondazione, hanno scoperto che tutte le immagini utilizzate da Piffetti sono tratte da un raro e raffinato volume del Padre Charles Plumier intitolato "L'Art de tourner ", stampato per la prima volta a Lione nel 1701. L'unica copia del volume presente in Piemonte si trova alla Biblioteca Reale di Torino ed ha una legatura alle armi in cuoio con lo stemma dei principi di Carignano impresso in oro sui piatti.

Il testo del Plumier, illustrato da molteplici tavole incise, per via della sua rarità e bellezza, non era certo opera comune e di facile accesso, anche sul piano economico. È pertanto probabile che le immagini siano state suggerite al Piffetti direttamente dal committente che, in questo caso - considerata la particolare preziosità dei due oggetti decorati anche con la costosissima tartaruga - potrebbe essere uno dei principi di Carignano, forse il raffinato collezionista Vittorio Amedeo (1714-1741) o suo figlio Luigi Vittorio (1721-1778).

Come sottolineato, i due mobili per via della loro forma, della singolare sottigliezza, del significativo ed originale programma iconografico che li decora, potevano contenere solo oggetti molto particolari di cui rispecchiavano all'esterno forme e tipologie; ipotizziamo pertanto che in essi fossero sistemate collezioni di avori traforati e lavorati del tipo di quelli che fra Seicento e primo Settecento si trovavano in molte Wunderkammern,Camere delle meraviglie, delle corti europee e ne costituivano uno dei maggiori vanti.

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design e realizzazione: Vincent Wolterbeek / analisi e programmazione: Rocco Barisci