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...Se Lucio Fontana non avesse fatto buchi e tagli

Associazione culturale EtGraphiae

Foligno, 2021; br., pp. 44, ill.

ISBN: 88-99680-30-2 - EAN13: 9788899680305

Soggetto: Saggi (Arte o Architettura)

Periodo: 1800-1960 (XIX-XX) Moderno

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 0.211 kg


L'indagine che Francesco De Bartolomeis compie su Lucio Fontana risente paradossalmente dell'amicizia, ma esattamente nella direzione giusta. L'amicizia, cioè, non ottunde la capacità e la volontà del capire sul serio ma al contrario chiarisce, meglio di ogni altro sentimento, i limiti e gli ambiti.
Che vuol dire, allora, comprendere il lavoro di Fontana? La domanda non è mal posta perché Fontana può ben essere preso a esempio di un'arte che si avverte grande ma, sia nell'approccio immediato sia nel profondo, non si capisce.
Certo la questione posta in tali termini non sembrerebbe avere gran senso, eppure proviamo a seguire per un momento questo gran paradosso inerente a Fontana che può portarci a notevoli conseguenze, se risolto da chi, come Francesco De Bartolomeis, di Fontana è stato amico vero e sincero e nel contempo ha maturato verso il lavoro di quel grande maestro un approccio critico che fa piazza pulita di ogni luogo comune, di ogni frase fatta, di ogni increscioso e inutile equivoco, per andare a cogliere il nucleo essenziale di verità che si cela dietro alle apparenze e non è così facilmente attingibile.
L'unica cosa che sembrerebbe di più immediata comprensione (qui si annida il luogo comune supremo e supremamente disturbante) è la tendenza sempre latente in Fontana verso una sorta di purezza, almeno presunta, confinante invece (in una grossolana e fin troppo facile lettura malevola) con la presa in giro del fruitore da parte di un artista che è riuscito a inventarsi un brand, usandolo per fini commerciali e frastornando la testa dei gonzi snob che ci cascano con tutte le scarpe.
La semplificazione del taglio può essere, così, spacciata per un eletto risultato di essenzialità. Cosmica intuizione di una spazialità dell'"oltre", sublime dimensione metafisica.
È una stupidaggine, però, perché una tesi del genere non ha alcun riscontro nella concreta esperienza estetica, come De Bartolomeis spiega con cristallina, inequivocabile chiarezza.
Qualunque postulazione relativa alla presunta sublimità confinante pericolosamente con la più banale semplificazione è severamente criticata da De Bartolomeis ma non derisa con acrimonia, perché pur sempre rientrante in quell'orizzonte di attesa che il fruitore dell'opera d'arte figurativa non può non configurare a se stesso. Può, tuttavia, prendere un colossale abbaglio se non ha esaminato sul serio le opere d'arte restando alla superficie delle cose e questo con Fontana può accadere. È qui che si situa l'intervento, drasticamente motivato e pacatamente argomentato, di De Bartolomeis.
Lo studioso considera Fontana un vero, grande artista ma neanche per un attimo indulge nella funesta retorica di cui il maestro è stato poi aureolato in vita e oltre. De Bartolomeis si limita a una operazione semplice, necessaria, vitale per farci vedere le opere di Fontana seguendone gli sviluppi con precisa coscienza filologica e amorevole attenzione analitica. Supera, così, quella "contradizion che nol consente", per rubare

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